Abstract della tesi della dott.ssa Chiara Ferlini, studentessa della III edizione del Master in Risk Management, Internal Audit & Frodi – RIAF
ABSTRACT
Cosa significa essere indipendente? Quando una figura che lavora in o collabora con un’azienda si può ritenere indipendente? La risposta è tutt’altro che scontata e comprende la valutazione della componente umana per analizzare ogni realtà.
Tra le caratteristiche richieste ai soggetti con un ruolo chiave all’interno di un’organizzazione, al fine di un migliore perseguimento del “successo sostenibile” della stessa, una merita una riflessione particolare: l’indipendenza.
L’indipendenza è qualità imprescindibile per una parte degli amministratori nel consiglio (“Codice di Corporate Governance” 2020, art.2, racc. 6), per i sindaci (Codice civile, art. 2399, “Norme di comportamento del collegio sindacale di società quotate” CNDCEC Norma Q1, Q1.5) e per l’organismo di vigilanza (D.Lgs. n. 231/2001, art.6 – Linee guida di Confindustria sulla costruzione dei modelli 231, 2021, Cap. IV, 2.2) ove presente, per i revisori (D.Lgs. 27 gennaio 2010 n. 39, art. 10), ma anche per organi che potrebbero essere del tutto interni all’azienda, come ad esempio le funzioni dell’internal audit (Codice di Corporate Governance” 2020, art.6, racc. 33 – IIA Position Paper “The three lines of defense in Effective Risk Management and Control”, 2013). È quindi un aspetto importante da approfondire, sia perché pervade buona parte dell’organizzazione, sia perché è la caratteristica che più di altre aiuta a farsi promotori dell’implementazione di azioni concrete in ottica ESG, oggi sempre più rilevante. La domanda, quindi, è: cosa significa essere indipendente? Quando una figura che lavora in o collabora con un’azienda si può ritenere indipendente? La risposta è tutt’altro che scontata.
La definizione di “indipendente”, da vocabolario, è: ”esente da rapporti di dipendenza o subordinazione, libero, autonomo”. Sul piano teorico sembra dunque abbastanza chiara. Proviamo a scendere sul piano pratico. Un amministratore indipendente che abbia quell’incarico come unica fonte di reddito può essere davvero indipendente e quindi non venire condizionato da questo nei suoi giudizi? Un sindaco che abbia fatto parte di uno stesso collegio per più mandati e abbia stabilito ormai un rapporto di conoscenza molto approfondita dell’azienda e delle persone, anche se tale conoscenza agevola lo svolgimento del suo incarico, può ancora essere ritenuto indipendente?
Risulta chiaro da questi pochi esempi che soddisfare semplicemente i requisiti richiesti nei codici, seppur tutti volti ad evitare eventuali conflitti di interessi, base della perdita di indipendenza, non possa garantire che quest’ultima sia reale. Per passare da un’indipendenza formale ad una sostanziale serve qualcosa in più del mero soddisfacimento delle richieste codicistiche: è necessario introdurre, nella valutazione del singolo, nuove variabili, impossibili da normare perché attinenti ad una sfera soggettiva e anche psicologica propria di ciascun individuo.
Emerge dunque con forza da queste poche righe quanto le regole scritte nei codici, pur dettagliate, difficilmente potranno mai cogliere tutti gli aspetti necessari per il buon funzionamento di una società; nelle valutazioni tese alla scelta del soggetto migliore per una determinata posizione la componente umana resta un aspetto imprescindibile e che rende unica ogni realtà analizzata.
Da qui si evince anche la natura multidisciplinare intrinseca della corporate governance, a conferma della sua complessità.
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Il Master in Risk Management, Internal Audit & Cybersecurity mira a formare figure professionali che siano in grado di interpretare e gestire le più recenti dinamiche normative e di mercato attinenti alla corporate governance. Grazie all’utilizzo di casi aziendali, verranno contestualizzati e analizzati i temi nelle diverse realtà: dalle aziende quotate alle banche, dalle grandi alle piccole/medie imprese.