Diversificare i mercati, investire in tecnologie, innovare il modello di business: la formula per continuare a crescere all’estero anche in un’economica turbolenta.

Diversificare i mercati, investire in tecnologie, innovare il modello di business: la formula per continuare a crescere all’estero anche in un’economica turbolenta.

di Giancarlo Corò

ABSTRACT

Il Rapporto export SACE evidenzia come alle difficoltà sui grandi mercati di Germania e Cina, le imprese italiane hanno risposto cercando nuove opportunità sui Paesi del Golfo, l’India, la Thailandia e il Vietnam, senza dimenticare Messico, Brasile e Croazia.

Il Rapporto export SACE, la Società per l’assicurazione dei crediti all’estero, fornisce annualmente uno dei più interessanti contributi di analisi sulle dinamiche del commercio internazionale. Oltre a mettere a disposizione dati puntuali sulla struttura e la geografia dell’export delle imprese italiane, questo Rapporto propone anche utili chiavi di lettura per comprendere come affrontare mercati internazionali che negli ultimi anni hanno visto crescere diversi fattori di rischio.

I messaggi forniti da SACE, il cui core-business è del resto assicurare le imprese contro i rischi sui mercati esteri, sono piuttosto chiari e, tutto sommato, ottimisti. Per l’export italiano le previsioni rimangono infatti positive: dopo il record di 625 miliardi di beni (e 120 di servizi) raggiunto nel 2022, il valore corrente è destinato ad aumentare ancora nei prossimi anni, con una proiezione che dovrebbe toccare la soglia dei 700 miliardi nel 2024 (cui aggiungere 130 miliardi di servizi, grazie soprattutto al turismo).

Questo risultato è dovuto alla elevata complessità produttiva dell’industria italiana, presente su una vasta gamma di settori – dai beni di consumo, alla componentistica, alle macchine e impianti – e di mercati geografici, condizione che ha perciò reso possibile attutire i pesanti shock degli ultimi anni e recuperare in fretta quando (e dove) la domanda ha ripreso vigore.

Il Rapporto export SACE evidenzia, in particolare, come alle difficoltà sui grandi mercati di Germania e Cina, le imprese italiane hanno risposto cercando nuove opportunità sui Paesi del Golfo, l’India, la Thailandia e il Vietnam, senza dimenticare Messico, Brasile e Croazia. Come mostrano alcune ricerche condotte a livello di impresa, la diversificazione geografica costituisce un formidabile fattore per ridurre la volatilità delle esportazioni, rendendo così possibile definire strategie di investimento a medio termine e stabilizzare l’occupazione. Questo si collega a un secondo importante fattore di competitività internazionale: la trasformazione digitale.

Le imprese che hanno investito in tecnologie digitali di ultima generazione (IA, robotica, manifattura additiva, vitual-augmented realty, blockchain, business analytics, cyber security, …) mostrano infatti performance decisamente migliori rispetto alle altre su tutte le misure considerate: maggiore quota di export su fatturato, maggior numero di paesi nei quali si è presenti, maggiore regolarità negli scambi internazionali, maggiore aumento nelle vendite. Le tecnologie digitali accrescono le capacità delle imprese di presidiare la diversità dei mercati con prodotti tailor-made, ottimizzare i rapporti nelle catene di fornitura, coordinare produzione e logistica, eseguire manutenzioni predittive a distanza sugli impianti, ridurre le barriere amministrative e linguistiche che ostacolano i controlli doganali. Soprattutto, un impiego adeguato e consapevole delle nuove tecnologie aiuta a innovare i modelli di business, creando nuovi e più diretti collegamenti tra le competenze distintive delle imprese e gli utilizzatori.


Diversificazione dei mercati, trasformazione digitale e nuovi modelli di business costituiscono potenti fattori di crescita delle imprese sui mercati esteri. Per sviluppare queste innovazioni è tuttavia necessario investire anche su nuove competenze tecniche e manageriali, coinvolgendo l’organizzazione, a partire dai responsabili export e della supply-chain, in appropriati processi di apprendimento. Perciò, è importante che le imprese vengano aiutate a intraprendere tali processi anche con progetti condivisi con l’Università e gli altri attori dell’ecosistema export. Si tratta di un tema al quale, non a caso, SACE si sta seriamente dedicando mediante accordi con atenei italiani, tra cui Ca’ Foscari, e altre istituzioni di servizio all’internazionalizzazione. La collaborazione tra istituzioni e imprese diventa oggi una leva fondamentale per rilanciare la capacità competitiva
dell’economia italiana.


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*Chi sono

Giancarlo Corò è coordinatore del corso Executive Program in Export Management, Professore Ordinario di Economia Applicata presso il Dipartimento di Economia dell’Università Ca’ Foscari Venezia.