Conflict Antiquities

Conflict Antiquities

di Michela De Bernardin

Con l’espressione “Conflict Antiquities” si intende il patrimonio archeologico e storico, sia mobile che immobile, che a causa di conflitti armati o disordini civili è a rischio di distruzione o saccheggio e immissione nei circuiti commerciali dell’arte.

Attualmente il fenomeno è piuttosto grave, con notevoli esempi di diffusione dal Nord Africa all’Azerbaigian e all’Armenia. Il patrimonio culturale di Yemen, Libia e Siria, ad esempio, è stato pesantemente colpito da conflitti interni di lunga durata. In tali situazioni, oltre al danneggiamento e alla distruzione accidentale dei monumenti, a causa di bombardamenti o colpi di artiglieria, un problema rilevante che colpisce il patrimonio culturale è la sua intenzionale distruzione per ragioni meramente ideologiche e politiche.

Nel 2001, ad esempio, durante la guerra civile in Afghanistan, le famose statue monumentali del Buddha Gautama nella valle di Bamiyan furono demolite con l’esplosivo dalle milizie talebane. Di fatto, la distruzione dei luoghi di culto, dagli antichi templi alle chiese e alle moschee, è un esito piuttosto frequente dei disordini civili.

D’altra parte, nei periodi bellici, i musei sono ad alto rischio di furti e atti di vandalismo: ancora vivo è il ricordo del drammatico saccheggio subito dai Musei Archeologici di Baghdad e Mosul, in Iraq, nel 2003.

Tra i fatti più recenti, non si possono tacere le terribili distruzioni perpetrate nelle aree archeologiche e museali siriane, come a Palmira, Aleppo, Apamea, Dura Europos e Raqqa, o i trafugamenti e i danni subiti negli ultimi mesi dai musei ucraini.

L’attività di saccheggio è, d’altra parte, uno dei crimini più pervasivi contro il patrimonio culturale negli scenari di conflitto, e tuttavia è anche una pratica particolarmente difficile da affrontare. Gli attori, infatti, possono essere diversi: dai saccheggiatori occasionali, di solito di origine povera o impoveriti, ai saccheggiatori dipendenti da organizzazioni criminali nazionali o internazionali. A volte, infine, anche il personale militare può essere coinvolto, spesso passando inosservato, in scavi clandestini e nella rimozione brutale di vestigia archeologiche.

L’impatto della presenza militare sui siti archeologici può inoltre costituire un forte elemento di rischio in sé. I macchinari pesanti utilizzati a scopi militari possono, infatti, disturbare gravemente o distruggere le testimonianze archeologiche, aumentando così gli effetti dirompenti delle situazioni belliche.

Questi e altri scenari saranno affrontati nel corso del Master Illicit Trafficking in Cultural Property. A Global Approach to a Global Challenge fornendo un ampio ventaglio di testimonianze del fenomeno criminoso e sviluppando sensibilità e senso critico rispetto al commercio di antichità e arte prodotti di conflitto.

*Chi sono

Michela De Bernardin è storica antica e archeologa, dopo il dottorato di ricerca (Scuola Normale Superiore di Pisa e Ruprecht-Karls-Universität di Heidelberg) si specializza nelle dinamiche degli illeciti contro il patrimonio culturale indagando il grave traffico di reperti archeologici provenienti dalla Siria. Coinvolta come esperta e collaboratrice per l’Università Ca’ Foscari e l’Istituto Italiano di Tecnologia nel progetto europeo NETCHER (H2020, 2019-2021), è attualmente Post-Doc presso il Centre for Cultural Heritage Technology (IIT) e Scientific Project Manager del progetto europeo RITHMS (HE, 2022-2025). È membro del Collegio dei Docenti del Master ITRACE.